Centro storico di Visso e il Sisma 2016

Emanuele Persiani

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recupero salvaguardia del centro storico di visso

Recupero dei centri storici quali portatori dei valori identitari della comunità che li abita: il nodo da sciogliere per una reale ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici del 2016

Le informazioni disponibili sul centro storico di Visso e la ripresa

Comunicato stampa Italia Nostra Onlus – Sezione di Macerata

Raccogliamo oramai quasi quotidianamente le innumerevoli iniziative messe in campo dal commissario per la ricostruzione Giovanni Legnini, iniziative tutte volte alla rinascita ed alla ripartenza dei territori colpiti dagli eventi sismici iniziati nell’oramai lontano agosto 2016. E proprio per la grande capacità di ascolto del commissario e della struttura da lui diretta nei confronti dei nostri territori, vorremmo provare a lanciare una proposta: la creazione di un laboratorio interdisciplinare per il recupero del centro storico di Visso.

Partiamo dalla recente notizia riguardo lo stanziamento di importanti fondi per l’avvio della rete universitaria per la ricerca e l’innovazione (la prima in Italia) che mette insieme gli atenei delle quattro regioni del cratere sismico attorno a quattro tavoli. Tra tali tavoli, quello gestito dalle università marchigiane, avente il titolo scienza e tecnica delle ricostruzioni.

Ora, la notizia è stata da poco diffusa e non conosciamo adeguatamente i contenuti dell’accordo. Possiamo analizzarne solamente i titoli evocati nei diversi comunicati. Il commissario per la ricostruzione ha proposto, per le Marche, l’avviamento di un tavolo di lavoro sulla tecnica per le ricostruzioni. Insomma, si parla sempre di realizzare qualcosa di nuovo: c’è un edificio crollato per cui, si rimuovono le macerie e si ricostruisce il nuovo edificio. Magari simile a quello originario. Stessa forma, rivestimenti simili. Ma un nuovo edificio.

La ricostruzione realizzata sinora, con gli importanti numeri dei resoconti commissariali che son li a testimoniarla, è stata in gran parte questa: moltissimi gli interventi di demolizione e ricostruzione da un lato e, dall’altro, pochissimi i cantieri avviati nei nostri centri storici.

Dove risiede l’ostacolo che rende difficoltosa la ricostruzione nelle porzioni antiche dei nostri borghi e dei nostri paesi? Probabilmente nel fatto che nei centri storici gli interventi da attuare sono interventi di recupero dell’esistente, interventi ben diversi da quelli sinora autorizzati. Con il recupero si va ad intervenire sulla parte maggiormente identitaria delle nostre città, sugli edifici che raccontano la storia delle comunità che li ha abitati. Ed in questi casi, se non vogliamo che tutto venga rimosso insieme alle macerie delle demolizioni, non è probabilmente sufficiente ragionare solo in termini di acciaio, cemento e legno e delle relative capacità prestazionali.

Questo è il problema che sta emergendo e a cui non si riesce evidentemente a dare una risposta convincente. Tra i motivi di tale stallo riteniamo vi sia lo scarso ricorso a discipline come il restauro urbano ed il restauro architettonico, materie fondamentali quando si deve trattare di recupero ma sinora relegate in secondo piano, nonostante i nostri atenei vi eccellano per competenze specifiche e su cui molte progettiste e progettisti operanti nelle pubbliche amministrazioni o in forma libero professionale si siano profondamente formati.

Una brevissima digressione, strettamente connessa con il ragionamento che stiamo proponendo ma che poche volte è stata presa in considerazione. Gli eventi sismici con le maggiori conseguenze in termini di danni sul patrimonio edilizio sono circoscrivibili in due ondate: quella dell’agosto 2016, con epicentro nel reatino, di magnitudo massima pari 6.0, e quella dell’ottobre 2016, con epicentro più a nord, tra Castel Sant’Angelo e Norcia, di intensità pari a 6.5 della scala Richter. La totalità delle troppe vittime, rimaste schiacciate dagli edifici crollati, si sono contate esclusivamente dopo la prima ondata, nonostante l’intensità minore delle scosse.

La differenza degli effetti, sia in termini di vittime che in termini di danni all’edificato, è legata essenzialmente al fatto che nei borghi e nei paesi colpiti dalla seconda ondata vi sia stata un’intensa attività di recupero nei due decenni precedenti, nella ricostruzione realizzata dopo il sisma del 1997. In quella ricostruzione, nel cui ambito son stati realizzati quasi esclusivamente interventi di consolidamento e di recupero del patrimonio esistente, senza lo snaturamento del paesaggio a cui stiamo invece assistendo oggi, si raggiunse un adeguato livello di sicurezza dell’edificato, capace di assorbire le scosse del 2016 senza crolli repentini, permettendo alle persone che lo occupavano di mettersi in salvo.

Nel quadro sinora tracciato il centro storico di Visso, anche per la sua dimensione, assume una posizione esemplare, su cui pianificare gli interventi da realizzare con un programma potenzialmente replicabile e adattabile per i recuperi di tutti gli altri borghi antichi danneggiati più o meno estesi ma altrettanto importanti (a differenza di quanto si sta per realizzare nella vicina Castelluccio, su cui ci sarebbe molto da dire ma che, in questa sede, ci limitiamo a definire come un unicum irripetebile, sostenibile solo in funzione di un potenziale brand che si sta provando pericolosamente a costruire).

Oggi, il centro storico di Visso è un intreccio virtuoso ma inestricabile composto da monumenti dal notevole pregio artistico e manufatti di edilizia storica che, in virtù degli interventi sopra evocati realizzati dopo il sisma del 1997, si trova in uno stato di sospensione, che potrebbe quasi richiamare una fotografia scattata qualche minuto prima del crollo. Purtroppo non stiamo parlando di una rappresentazione fotografica, ma di edifici in calce e muratura realmente pericolanti, con facciate e solai in bilico, per questo puntellati e, soprattutto, ancora vuoti e disabitati. L’unico intervento fatto sinora, oltre alle fondamentali messe in sicurezza, è la rimozione delle macerie nelle vie principali.

In tale scenario, appare decisamente complicato e pericoloso (in termini di conservazione) il tentativo, che ci risulta si stia portando avanti, di individuare le parti da recuperare e quelle da demolire e ricostruire, tramite sopralluoghi congiunti tra ufficio regionale per la ricostruzione, soprintendenza e comune. Su quali basi verranno compiute quelle scelte? Quali sono i rapporti di forza tra i diversi soggetti chiamati a decidere? Queste ed altre domande di cui non conosciamo le risposte, oltre al numero estremamente ristretto di soggetti chiamati a decidere, non tutti competenti in ambito di restauro e di recupero, sollevano non poche preoccupazioni.

Da qui la nostra proposta della creazione di un laboratorio di ricerca sul recupero di Visso in cui convogliare le migliori energie ed i migliori saperi nazionali: l’impellente necessità di salvaguardare Visso ed il suo territorio, una perla dall’inestimabile valore architettonico, artistico e storico ma che rischiamo seriamente di perdere dopo gli eventi sismici del 2016, impone, da un lato, la definizione di una soluzione progettuale forte, dinamica, capace di cogliere le enormi complessità che ci troviamo di fronte e che non possono essere eluse e, dall’altra, la presenza di una comunità altrettanto forte, capace di portare avanti nel modo migliore quella soluzione.

La sfida che la salvaguardia di Visso ci pone è ardua. Sapremo affrontarla? Dal nostro piccolo osservatorio siamo consapevoli di alcune cose forse utili per la risposta e che vorremmo condividere con la gentile lettrice e con il gentile lettore che hanno avuto la pazienza di leggerci sin qua. La prima: all’interno di una situazione complessa, l’eliminazione di problematiche ritenute (erroneamente) secondarie non coincide con la diminuzione del suo il grado di complessità ma con la sua banalizzazione. E questa non è una cosa buona. La seconda: il commissario Giovanni Legnini, per la forza e l’autorevolezza costruite in questi due anni di gestione della ricostruzione, è forse la persona con le maggiori possibilità di costruire le condizioni per la raccolta di quella sfida. Evitandone la sua banalizzazione. La terza: per il buon esito dello svolgimento di quella sfida, quindi per il raggiungimento della salvaguardia di quel bene prezioso che è il territorio di Visso, è tanto necessario quanto fondamentale l’apporto di ogni componente della comunità tutta che lo abita e che in esso si riconosce. Forse potrebbe essere interessante (e utile) cominciare a redigere l’elenco, dei componenti e dei relativi apporti…

Macerata, 20 Febbraio 2022

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